APPROFONDIMENTI

"Beagle. BeagleHarrier ed Harrier" del Giugno 2003

“Autismo” da canile

Quando acquistiamo un cane o decidiamo di allevare, cerchiamo di attrezzare il giardino di casa o il canile in modo che sia comodo da gestire e che sia confortevole per gli animali.

Ovviamente abbiamo fatto del nostro meglio; i nostri Beagle si sono adattati alla nuova sistemazione, crescono sani e robusti e scorazzano felici per il giardino.

I cuccioli sono cresciuti e ci pare il momento giusto per portarli con noi: in esposizione, a caccia o in ferie, ma come varchiamo il cancello il nostro Beagle invece di trotterellare allegro con la coda al vento è piatto per terra con la coda in mezzo alle gambe spaventato da qualsiasi rumore.

Questo comportamento viene spesso attribuito all’indole del cane o alla eccessiva consanguineità di alcune linee di sangue.

In realtà è molto più facilmente correlato con una crescita priva di stimoli e con l’assenza di quel bagaglio di esperienze che è necessario per rapportarsi con la realtà e affrontare nuove situazioni.

Il giardino di casa e il canile, sono ambienti protetti, dove i giorni si susseguono uno uguale all’altro e dove ogni stimolo proveniente dal mondo esterno è un’intrusione.

Se riconsideriamo la situazione in cui è cresciuto il cucciolo ci renderemo conto che:

·        gli oggetti o le situazioni con cui è venuto a contatto sono molto pochi;

·        le opportunità di gioco si sono, di consegua, esaurite nel giro di poche settimane;

·        la pigrizia ha preso il sopravvento sulla necessità di agire;

·        i rapporti con le persone sono limitati al tempo necessario per il pasto e la pulizia dei recinti;

·        i rapporti con gli altri cani, se ci sono, seguono rituali stereotipati con rari motivi di  conflitto.

Tutto questo è avvenuto nel delicato periodo in cui si andava formando il carattere del cane.

E’ venuto a mancare il percorso esperienziale indispensabile per elaborare soluzioni ai problemi e alle difficoltà della vita e poterle affrontare con serenità.

Il cucciolo ha sviluppato da solo una visione molto semplice e lineare della realtà (“autismo”), e non è psicologicamente attrezzato per affrontare il bombardamento di stimoli che gli arrivano dal mondo esterno; qualsiasi novità lo spaventa enormemente e l’unica soluzione che conosce è la fuga.

Questa sindrome non è una recente scoperta dell’etologia canina, ma è uno dei motivi per cui i Master dei secoli passati affidavano alle famiglie i cuccioli perché li allevassero fino all’anno di età.

La soluzione è quindi cercare di portare il cucciolo il più spesso possibile fuori dall’ambiente ovattato in cui vive e metterlo a contatto con situazioni sempre diverse e stimolanti; sono consapevole che per chi ha molti cani non è semplice, ma in molti casi è indispensabile.